KPI e metriche i due strumenti che fanno la differenza tra chi naviga a vista e chi guida una strategia con direzione e controllo. Ogni giorno leggiamo report pieni di dati, tabelle, grafici, percentuali, visualizzazioni… ma quanti di quei numeri ci dicono davvero qualcosa di utile?
Se hai un sito web, gestisci campagne pubblicitarie o lavori sui social, imparare a distinguerli è il primo passo per migliorare davvero le performance. In questo articolo ti porto dentro il cuore del marketing data-driven: scoprirai cosa sono, perché sono diversi, come usarli insieme e soprattutto come interpretarli per prendere decisioni migliori.
KPI e metriche non sono la stessa cosa, ma lavorano meglio insieme
Spesso vengono confusi. Nei report si trovano mescolati, senza un ordine, senza una gerarchia. Ma KPI e metriche non sono intercambiabili. Uno misura la direzione, l’altro ti racconta il viaggio.
Un KPI risponde alla domanda: “Sto raggiungendo l’obiettivo?”
Una metrica, invece, ti spiega: “Cosa stanno facendo le persone?”
Se li usi nel modo giusto, creano una sinergia potente: il KPI ti mostra dove puntare lo sguardo, le metriche ti dicono come muoverti.
In una strategia di marketing digitale davvero efficace, non può esserci l’uno senza l’altro.
I KPI: gli indicatori che ti dicono se stai vincendo o perdendo
Partiamo dai KPI, acronimo di Key Performance Indicators. No, non sono solo numeri belli da inserire nei report. Sono gli indicatori strategici che ti permettono di misurare se stai raggiungendo (o meno) i tuoi obiettivi.
Un KPI è sempre legato a uno scopo concreto: generare lead, vendere un prodotto, ottenere iscrizioni, aumentare il fatturato, fidelizzare clienti. Non può essere un dato generico, né va scelto solo perché “lo usano tutti”.
Immagina di lanciare una campagna pubblicitaria. Il tuo obiettivo è ottenere 100 contatti profilati in un mese. Il numero che ti interessa davvero, in questo caso, è il Costo per Lead (CPL), ovvero quanto ti costa in media ogni nuovo contatto. Se spendi 500 euro e ottieni 100 lead, il tuo KPI è 5 euro. Chiaro, utile, misurabile. Ed è proprio questo che fa di un KPI uno strumento fondamentale: ti permette di capire se le tue azioni stanno funzionando o se devi cambiare rotta.
Ma non esistono KPI validi per tutti. Se vendi online, quello che ti interessa di più sarà probabilmente il ROAS, cioè il ritorno sull’investimento pubblicitario. Se il tuo e-commerce incassa 2.000 euro a fronte di 500 spesi in campagne, il tuo ROAS è 4: ogni euro investito ne ha generati quattro. E se questo dato scende a 1,2 o 0,8? Forse qualcosa non sta funzionando.
Come scegliere i KPI giusti
Scegliere i KPI giusti non è solo una questione tecnica, ma strategica.
Serve partire dall’obiettivo, non dai dati disponibili.
Vuoi aumentare la visibilità del brand? Allora KPI come CPM (costo per mille impression) o reach sono sensati.
Vuoi generare contatti qualificati? Il CPL diventa il tuo faro.
Punti a vendere di più? Occhio al ROAS e al conversion rate.
E una volta scelto il KPI principale, devi accompagnarlo con KPI secondari e metriche che ti aiutino a capire il contesto. Se un ROAS è basso, non basta saperlo: devi scoprire se il problema è nel copy, nel pubblico target, nella UX del sito. È lì che entrano in gioco metriche come il CTR dell’annuncio, il tempo sulla landing, il tasso di scroll o la frequenza dell’ad.
Senza queste informazioni, il KPI resta un numero vuoto.
Le metriche: lo specchio del comportamento degli utenti
A differenza dei KPI, le metriche non ti dicono se stai vincendo. Ma ti aiutano a capire perché stai vincendo o perdendo.
Sono dati descrittivi, non strategici. Raccontano quello che succede: quante persone visitano il tuo sito, quanto tempo ci restano, quante pagine leggono, quante email aprono. Non sono legate a un obiettivo diretto, ma sono preziose per interpretare i risultati e individuare i problemi nascosti.
Prendiamo il caso di una landing page che ha un basso tasso di conversione. Il KPI ti dice che stai convertendo poco. Ma è analizzando le metriche che scopri il motivo: magari il tempo medio sulla pagina è troppo basso, il tasso di rimbalzo è altissimo, o gli utenti non arrivano nemmeno a vedere il form.
Ecco che entrano in gioco metriche come il bounce rate, la profondità di scroll, il click-through interno o la durata media della sessione. Sono questi numeri a darti le risposte.
Le metriche, insomma, non guidano direttamente le decisioni, ma forniscono il contesto per capire cosa sta succedendo sotto la superficie. E ti aiutano a trasformare i KPI da semplici indicatori in strumenti di ottimizzazione continua.
Quando una metrica diventa un KPI? Dipende tutto dal contesto
Un errore comune è trattare tutte le metriche come KPI. Ma la verità è che una metrica diventa un KPI solo quando è collegata a un obiettivo di business.
Facciamo un esempio: le visualizzazioni di pagina sono una metrica. Ma se ti sei dato come obiettivo ottenere almeno 1.000 visite su una landing page in una settimana, quella metrica – in quel contesto – diventa il tuo KPI.
Il dato, da descrittivo, diventa decisionale. È il fine che trasforma un numero qualsiasi in un indicatore strategico.
KPI e metriche: cosa devi portarti a casa
Alla fine, la differenza tra chi improvvisa e chi costruisce strategie di marketing efficaci è tutta qui: sapere cosa misurare, come leggerlo e cosa farne.
I KPI ti danno una direzione. Le metriche ti aiutano ad aggiustare la rotta.
Usali insieme, con metodo, e vedrai che ogni numero inizierà a parlarti davvero.
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